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Padre Kizito, Nairobi – 31 Marzo 2020

In questi giorni Koinonia è stata impegnata in dialogo con una fondazione governativa per preparare un intervento con i bambini che sono stanziati in centro città e sono i più a rischio. Vi aggiornerò su questo intervento stasera.
Ieri sera i contagiati erano saliti a 50. La cosa preoccupante, come faceva notare il ministro della Sanità, è che ormai i nuovi contagiati hanno preso il Covid-19 localmente, al contrario dei primi contagiati che provenivano da un viaggio all’estero. Segno che il virus ha preso piede, e si teme che il numero dei contagi continui a crescere più velocemente. La vicina Uganda ha proclamato ieri il lockdown totale,
Intnato il coprifuoco dalle 19 alle 5 in vigore dallo scorso venerdi, ho cominciato a funzionare. Anche sulla Kabiria road ieri sera alle 19:15 non c’era più nessuno. Alcuni pesanti, violenti, interventi della polizia per costringere al coprifuoco hanno suscitato proteste. La Conferenza Episcopale, nella persona di Mons, Oballa, vescovo di Ngong e presidente della commissione Giustizia e Pace, ha tenuto una conferenza stampa deplorando il comportamento delle polizia, Dichiarazione alla stampa sulla brutalità della polizia (questo il link di cui si parla, per comodità l’abbiamo inserito qui)
I bambini nelle nostre case restano sereni, capiscono che l’isolamento è per il loro bene, sono grati per il livello di assistenza che ricevono. Nonostante i problemi riusciamo a garantire pasti anche migliori che non in passato, e un cucchiaino di moringa una volta al giorno. Sono felici quando ricevono, come è successo ieri a Tone la Maji, un breve video dagli amici del gruppo dell’oratorio di Borgosesia che li hanno visitati lo scorso luglio. Sono sicuro che a Borgosesia hanno sentito arrivare una calda onda di preghiere e amore.
Allego anche il video degli amici di Borgosesia e un brevissimo video di Cynthia, assistente sociale, La finale espressione di titubanza la dice lunga…

 

N.B QUI IL POST di Padre Kizito dove ha condiviso anche due video

31 MarzoCoronavirus in Kenya (()In questi giorni Koinonia è stata impegnata in dialogo con una fondazione governativa…

Pubblicato da Renato Kizito Sesana su Lunedì 30 marzo 2020

Padre Kizito, Nairobi – 27 Marzo 2020

Ieri mattina il nostro Jack Matika ha accompagnato una troupe della KBC (Kenya Broadcasting Corporation, il canale nazionale) a fare riprese dei gruppi di bambini che vivono in centro città, perché essi stessi potessero raccontare come vivono questi tempi di “Corona”. Poi sono venuti a Kivuli ad intervistarmi. Ne è uscito un bel servizio di 4 minuti che è andato in onda ieri sera nei telegiornali delle 19 e delle 21. Ne ho approfittato per chiedere che il governo coordini e sostenga i pochi sforzi in atto per salvare questi bambini. Ho aggiunto che Koinonia è pronta a mettere a disposizione alcuni spazi che ci permetterebbero di ospitare qualche decina di bambini, ma non abbiamo le forze per agire da soli. Spero che qualcuno reagisca positivamente. Provo a caricare il video, se fb lo accetta.

Al pomeriggio ho visitato la Casa di Anita e Tone la Maji. Le più tranquille e felici sono le bambine, che in strada erano in una perenne situazione di pericolo, e quindi di tesnione e paura, ed ora si sentono protette, nutrite, amate. E’ stato difficile parlare con loro tenendole ad almeno 5 metri di distanza, come le team leader Freshia ha insegnato loro.

Al rientro ho saputo la notizia della prima morte da Covid-19 in Kenya. Un keniano di 66 anni rientrato il 13 marzo da un viaggio in Sudafrica.

Ieri pomeriggio sul bollettino del Coordinamento delle ONG Italiana in Kenya (che è in inglese perché molti dipendenti sono keniani), c’era questa nota:

Since yesterday, many Italian NGOs in Kenya received calls from relatives and friends alarmed by an article published by the newspaper La Repubblica. The article referred to alleged violence against the “white man” [sic!].
We would like to point out the polite but strong denial of Father Kizito Sesana, inviting you to forward it to those worried or concerned. We take also the opportunity to alert the OSCs in demanding maximum sobriety from journalists who may contact you.

Per quanto riguarda la Zambia vi invito a leggere un bell’articolo pubblicato in Nigrizia da Diago Mwanza Cassinelli, un amico italiano che da qualche anno ha scelto di vivere con la famiglia a Bauleni, lo slum più marginalizzato di Lusaka (Zambia) dove sono stato “parroco” dal 1980 al 1985.

Padre Kizito, Nairobi – 26 Marzo 2020

 

Ieri sera la solita conferenza stampa delle sei è stata tenuta non dal Ministro della Sanità ma direttamente dal Presidente Uhuru Kenyatta. Ha detto che il primo paziente di coronavirus keniano è guarito, che il totale dei malati è 28, ma sono tutti in condizioni non gravi. Ha poi annunciato misure per alleviare il peso economico della crisi, ma anche che da domani sera sarà in vigore a tempo indeterminato il coprifuoco dalle 7 di sera alle 5 del mattino. Una misura che evita il totale shutdown, ma che sarà comunque difficile da far osservare.

Stamattina le TV locali intervistavano dal vivo la gente che andava a lavorare a piedi, lunghissime code che si muovono dai quartieri poveri verso i centri commerciali e le zone industriali, i gestori di bancarelle che già mettevano in vendita chapati e mandazi cucinati all’aperto, chiedendo il loro parere. La risposte che tornavano più frequenti erano “se non lavoro stasera la mia famiglia non mangia” e “meglio morire di corona o di fame?”. Oggi farò un giro a visitare i bambini, per verificare che siamo pronti a sostenere questa situazione per almeno i prossimi due mesi.

Verso la fine della lunga conferenza stampa del Presidente, un’amica italiana che risiede a Nairobi mi ha scritto “Ma sei tu che ha scritto sta roba?, e mi segnala questo link:  Coronavirus, Africa: “Via l’untore bianco”. Dal Kenya all’Etiopia episodi di violenza contro statunitensi ed europei

Prima che mi riesca di leggerlo mi arriva un messaggio di un amico napoletano, che è venuto a Kivuli già diverse volte, con la stessa segnalazione e la domanda incredula: “Ma è vero?”

In effetti l’ampio uso di citazioni dai miei post in questo pezzo fa credere al lettore che io condivida il titolo del breve articolo e la sua impostazione. Cosi non è. Non ho mai scritto o visto di persona ma neanche sentito parlare di “episodi di violenza fisica e verbale che hanno coinvolto in particolare statunitensi ed europei, tra cui molti italiani”. Alcuni opinioni della giornalista sono legate al mio virgolettato in modo che si potrebbe credere che la giornalista stia continuando ad esporre il mio pensiero. Cosi non è. Addirittura nel virgolettato ci sono piccole aggiunte, come “Il governo è pronto a schierare l’esercito” e “Così si rischia il disastro”. Quelle frasi, cosi come sono e come sono legate alla frase precedente non sono mie, e rafforzano l’impressione di una visione della società keniana che chi mi conosce sa bene non essere la mia.
Vivo a Nairobi, dove mi sono sempre sentito ben accolto, dal 1988. e qui godo dell’amicizia e dell’affetto di tanti Keniani. Alcuni di loro li considero miei maestri, altri miei figli. Questo articolo li offende.
Ho avuto in passato molti incontri, e anche profonde amicizie, con giornalisti professionisti de “La Repubblica” e di altri importanti mass-media e mai mi è accaduto che le mie parole siano state cosi mal interpretate. Che poi in un articolo – sia pur pubblicato solo online – di una testata che conosco come seria, sfugga un refuso come “missionario combiniamo” mi fa pensare che anche il livello dei correttori di bozze sia sceso parecchio.
Ringrazio invece i mass-media che hanno riportato integralmente e correttamente i miei post, come Africa rivista, e le radio che mi hanno chiamato per brevi interviste in diretta.

Padre Kizito, Nairobi – 23 Marzo 2020

Ieri pomeriggio due brutte notizie.
Primi tre casi di coronavirus in Zambia. Due di loro ricoverati nel Mini-Hospital di Tubalange, del quale ho postato la foto tre settimane fa, a due passi dalla scuola primaria frequentata dai bambini di Mthunzi. La scuola comunque adesso è chiusa, cosi come è chiusa la Saint Columba’s Secondary School, proprio di fianco a Mthunzi, e schola di riferimento per i nostri ragazzi. I ragazzi sono tutit a Mthunzi, sereni e protetti, con ampie possibilità di gioco e di lavoro. Lo staff ha ridotto ridotto i contatti con l’esterno e minimizzato il movimento di residenti e lavoratori. I membri di Koinonia sono tranquilli, anche se ormai fra di loro ci sono alcuni anziani, come l’impareggiabile cuoca mama Edina.
Poi seocnda brutta notizia a Nairobi. ll ministro della sanità Mutahi Kagwe, inizia la conferenza stampa che fa ogni giorno alle 18, annunciando che ci sono 8 nuovi casi confermati di coronavirus, portando il totale a 15. Degli 8, 5 sono keniani, 2 messicani ed 1 francese. Tutti loro rientrati da pochi giorni da viaggi in Europa e America ed hanno dai 20 ai 57 anni. Si stanno rintracciando le 363 persone che li hanno contattati dopo il loro arrivo.
Il ministro osserva che la maggioranza delle persone ignora le misure di sicurezza adottate finora, e continuano la vita normale. Poi annuncia nuove drastiche misure che, dice, se necessario saranno fatte eseguire dalle forze dell’ordine: dalla mezzanotte di mercoledi sospesi tutti i voli internazionali, eccetto i cargo (l’esportazione di fiori e primizie ortofrutticole è già in ginocchio da diversi giorni), tutti coloro che entrano in Kenya da qualsiasi confine sono obbligati all’auto-isolamento per 14 giorni; i paesi che vogliono evacuare i loro connazionali devono fare gli opportuni accordi. Inoltre tutte le persone che stanno violando o violeranno l’obbligo di auto-isolamento saranno forzatamente isolate e al termine saranno denunciate e dovranno rispondere in tribunale del loro comportamento, anche fossero studenti keniani rientrati da Europa e America. Tutti i servizi religiosi in chiese e moschee sono sospesi, ai funerali ammessa solo la presenza di familiari più stretti. Da stasera tutti i bar saranno chiusi fino a nuove disposizioni, e tutti i ristoranti potranno operare fino alle 19:30, ma solo come take away, i clienti non potranno essere serviti ai tavoli. Tutti sono invitati a restare a casa, ma non è ancora un ordine
Ascolto la trasmissione alla Shalom House e poi rientro in auto a casa, a Kivuli. Purtroppo lungo la Kabiria Road tutto è normale, negozi e bancarelle aperte, gente pressata nei matatu, assiepata introno ai venditori di frittelle, di pannocchie arrostite, di chapati e salsicce auto-prodotte.
In mattinata avevo celebrato a Tone la Maji, i bambini – un cinquantina – attenti, puliti, che osservano bene le norme igieniche. Da venerdì diamo a tutti per merenda un bicchiere di succo d’arancia con un cucchiaino di moringa, il supplemento nutrizionale vegetale che coltiviamo nella fattoria di Malbes che è anche un potente attivatore del sistema immunitario.
Siamo in contatto le le autorità per collaborare nel trovare soluzioni adeguate per i bambini e giovani che sono sulla strada e non hanno un posto sicuro
La vocazione di Koinonia a fare e costruire comunità viene messa a dura prova.

Padre Kizito intervistato da Missio Italia, 23 Marzo 2020

Nairobi – 23 Marzo 2020 (intervistato da MissioItalia)

“La mia più grande paura è che negli slum di Nairobi arriveremo alla fame. Temo che non siamo preparati ad affrontare il virus, ma non siamo preparati neanche ad affrontare l’emergenza fame, la scarsità di cibo, con la eventuale chiusura completa delle attività”.

A parlarci al telefono da Nairobi, dove vive oramai da anni, è il comboniano padre Renato Kizito Sesana, che illustra le conseguenze di una eventuale diffusione del Coronavirus in Kenya.

Padre Kizito parla anche del rischio chiusura per i progetti di Koinonia, community africana e missionaria, da lui guidata, in cooperazione con Amani, che crea piccole attività generatrici di reddito a Nairobi.

“Abbiamo delle attività gestite da giovani laici keniani, come il ristorante italiano ‘la cantina’ – racconta – se chiudiamo dobbiamo lasciare a casa 12 dipendenti”.

“Questo è un progetto iniziato 20 anni fa, io sono il solo missionario, gli altri sono tutti professionisti tra i 35 e i 40 anni, che si occupano del ristorante, della pensione ecc…Il principale mezzo di sostentamento locale. Abbiamo anche le galline, piccoli allevamenti”.

Le attività danno lavoro ad ex bambini di strada, generando reddito.

“Se chiudiamo ci crolla tutto…Anche se non dovesse esplodere l’epidemia, noi, come tutta la gente locale avremmo il problema di una economia distrutta”.

Ad oggi si registrano 15 casi di persone infette in tutto il Kenya, ma “non ci illudiamo – dice padre Kizito – è possibile che tra tre giorni diventino 100. I numeri sono molto contenuti per ora, ma non ci facciamo illusioni“.

Il timore di una improvvisa esplosione del morbo è l’incubo di queste ore in tutta Africa, dove i casi sembrano generalmente molto al di sotto di quelli europei e asiatici e anche nordamericani. Il Paese africano più a rischio è il Sudafrica con 402 casi e 2 ricoveri, seguito dall’Egitto con 327 casi e l‘Algeria 201. I dati aggiornati in tempo reale vengono dal portale della Johns Hopkins University, che fornisce anche mappe interattive di tutti i Paesi del globo, Italia in testa. In Ruanda i casi sono saliti a 19 e in Tanzania a 12. I governi africani stanno comunque chiudendo le frontiere e bloccando i voli, l’Africa è blindata al suo interno. Ma queste misure potrebbero non bastare.

“Intanto stiamo cercando di dare ai nostri bambini la moringa, una pianta iperproteica per rafforzare le difese immunitarie, che coltiviamo da tempo e volevamo anche farne un piccolo commercio, ma ora non so”, spiega padre Kizito.

La sopravvivenza quotidiana in tempi di pandemia è una priorità in Kenya: “oltre il 50% delle persone che vivono a Nairobi – spiega padre Kizito – se non escono al mattino presto a lavorare, a fare un piccolo commercio, la vendita al mercato, una piccola ristorazione, la sera non hanno di che mangiare”.

La convinzione del missionario, noto anche per i suoi racconti sui “ragazzi di strada”, i senza famiglia dei quali si prende cura, è che “fermare tutto e restare chiusi” è quasi un’utopia.

Spesso manca un luogo fisico dove chiudersi, “figuriamoci in quarantena”, dice; perchè la cosiddetta distanza sociale non può essere mantenuta e perchè “ci sono quelli che una casa neanche ce l’hanno. Non hanno una baracca. Come i ragazzi senza famiglia dei quali mi occupo. Noi qui in missione, se ampliamo i posti letto, possiamo arrivare ad ospitarne 50-60 ma di più non possiamo. E dove vanno?”.

Infine, questa crisi, mette in evidenza la distanza abissale, in Kenya tra chi può proteggersi e chi no.

“Gli espatriati a Nairobi, chi lavora nelle agenzie internazionali, si blindano nelle loro tenute, fanno grosse spese al supermercato e stanno giustamente al sicuro – dice – Vengono fuori le due economie, completamente distinte dei ricchi e dei poveri. C’è chi è tappato in casa e dal punto di vista economico non ha problemi e chi invece è disperato fuori…”.

 

Padre Kizito, Nairobi – 20 Marzo 2020

Nairobi – 20 Marzo 2020 

I bambini sono sempre una luce. Vorrei potervi mostrare due foto di Sammy, ma non si può fare, le regole di fb non lo permettono, giustamente. Ne ho una di quando arrivò a Ndugu, si vede un bambino di una decina d’anni dallo sguardo triste, arrogante ed impaurito allo stesso tempo, scalzo, un paio di calzoni stracciati, una maglietta che una volta era dei colori della Roma trovata chissà dove. Ne ho un’altra fatta ieri pomeriggio quando sono andato a Tone la Maji per vedere la sistemazione dei nuovi arrivati. Ero un po stanco, e probabilmente si vedeva. Sammy appena mi ha visto mi è venuto incontro correndo a braccia allargate per abbracciarmi. Ho teatralmente rifiutato l’abbraccio, gridando “No, no, Coronavirus!”. Sammy mi ha scansato e si è buttato sul prato, rotolandosi e ridendo. L’immagine delle felicità. Poi mi ha detto “Padre, qui tutto è così bello! Grazie!” Lo guardavo e vedevo un bambino che non ha nulla, solo quello che indossa adesso, nient’altro. Niente. Sammy non possiede niente di materiale. Non è ciò che ha, è cioè che è, un nodo di relazioni con gli altri. Ciò che possiede è tutto e solo interiore, Le ferite del passato e la gioia del presente. Spero che a Tone la Maji abbia una lunga crescita che riporti equilibrio nella sua vita.

Padre Kizito, Nairobi – 19 Marzo 2020

 

Ieri pomeriggio il ministero delle salute del Kenya ha annunciato la presenza di tre nuovi casi certi, e alcuni casi sospetti. Il Municipio di Nairobi ha annunciato che il centro città sarà “sanitized” (come si dice in italiano? Google mi traduce espurgato) e anche le famiglie di strada, bambini inclusi, saranno sottoposte all’esercizio. Non si dice se dopo essere stati “sanitized “saranno rimessi nello stesso angolo di strada o se si sta pensando come sistemarli meglio. Jack mi manda un sms preoccupato, chiedendo “e noi cosa facciamo”?

Nelle nostre case parliamo sempre coi bambini, e stiamo mettendo in pratica le direttive del Children Services di ricongiungere quando possibile e ragionevole, i bambini alle famiglie di origine. Prevediamo che non saranno molti.

A Kivuli c’è il dispensario e ci sono altre attività che non potranno essere completamente chiuse, come la radio comunitaria che sta facendo un ottimo servizio, e abbiamo deciso che i bambini sarebbero esposti a troppi rischi. Entro oggi cercheremo di trasferirli tutti a Tone la Maji, che in caso di lockdown può più facilmente essere isolata dall’esterno ed ha grandi spazi per giocare. Vedremo se ci sarà posto a Tone la Maji anche per in 22 bambini che gli stessi “Children Sevices” ci avevano affidati tre settimane fa e che avevamo messo a Ndugu Mdogo. Altrimenti li sposteremo a Kerarapon, dove pure siamo bene attrezzati. Quindi oggi sarà una giornata difficile, ma speriamo di aver fatto entro sera tutto il possibile per mettere i bambini al sicuro e di continuare a star loro vicini con affetto. Sopratutto noi abbiamo bisogno di loro.

Intano nelle ultime 24 ore abbiamo visto diminuire la presenza delle persone nelle strade. Sono quasi completamente spariti gli europei. Ci aspettiamo che prima di fine settimana venga l’ordine di chiudere tutto e che tutti stiano a casa.

La nostra Shalom House, abitualmente piena di gente, di incontri, seminari, workshop, organizzati da Ong, si è svuotata e tutte le prenotazioni, sia internazionali che locali, sono state annullate. Baraza e La Cantina sono quasi vuoti. Abbiamo previsto di dare lunghe ferie al personale. Non è facile, i profitti della Shalom House ci permettevano fino al mese scorso di sostenere Tone la Maji senza contributi esterni. Fortunatamente la Casa di Anita, non avrà conseguenze perché è in una bella posizione, vicinissima alla cittadina di Ngong ma abbastanza isolata e con ampi spazi di verde.

Abbiamo anche fatto sapere alle autorità che in caso di necessità Kivuli e la scuola Domus Marie, temporaneamente vuote, saranno messe a disposizione per malati o per altri servizi sociali che potrebbero diventare necessari.

Una preghiera per questi giorni di Coronavirus

Dalla rivista statunitense dei gesuti, America. Un suggerimento di preghiera, dalla redattrice Kerry Weber, per questi giorni.


Signore, Gesù Cristo, hai percorso città e villaggi “curando ogni malattia e infermità”.
Al tuo comando, i malati venivano guariti.
Vieni ora in nostro aiuto, nel corso della pandemia da coronavirus,
affinché possiamo sperimentare il tuo amore che guarisce.

Guarisci coloro che sono ammalati per il virus.
Possano riacquistare forza e salute grazie a un’assistenza sanitaria di qualità.
Guariscici dalla nostra paura,
che impedisce alle nazioni di lavorare insieme e ai vicini di aiutarsi reciprocamente.
Guariscici dal nostro orgoglio,che può farci presumere invulnerabilità
rispetto a una malattia che non conosce confini.

Signore, Gesù Cristo,hai percorso città e villaggi “curando ogni malattia e infermità.”
Al tuo comando, i malati venivano guariti.
Vieni ora in nostro aiuto, nel corso della pandemia da coronavirus,
affinché possiamo sperimentare il tuo amore che guarisce.
Signore, Gesù Cristo, guaritore di tutti,
resta al nostro fianco in questo tempo di incertezza e di dolore.

Sii accanto a coloro che ci hanno lasciati a causa del virus.
Possano riposare con te, nella tua pace eterna.
Sii accanto alle famiglie dei malati e delle vittime.
Nella loro preoccupazione e sofferenza, difendili dalla malattia e dalla disperazione.
Possano fare esperienza della tua pace.
Sii accanto ai medici, agli infermieri,
ai ricercatori e a tutti i professionisti della salute che,
correndo rischi per sé, cercano di curare ed aiutare le persone colpite.
Possano conoscere la tua protezione e la tua pace.
Sii accanto ai leader di tutte le nazioni.

Concedi loro lungimiranza per agire con carità e vera sollecitudine per il benessere delle persone che sono chiamati a servire.
Dà loro saggezza per investire in soluzioni a lungo termine,
che aiutino a prepararsi ad eventuali future epidemie o a prevenirle.
Possano essere abitati dalla tua pace,
mentre lavorano insieme, per conseguirla sulla terra.

Che siamo a casa o all’estero, circondati da molte persone
che soffrono per questa malattia o solo da poche,
Signore, Gesù Cristo, resta con noi,
mentre resistiamo e piangiamo,
mentre perseveriamo e ci prepariamo.
Al posto della nostra ansia, donaci la tua pace.
Signore, Gesù Cristo, guariscici.

Padre Kizito, Coronavirus in Kenya – 14 Marzo 2020

Lo aspettavamo, e anche in Kenya è arrivato coronavirus.
Tutto è successo in meno di 24 ore. Ieri mattina abbiamo convocato un incontro dei responsabili delle case di Koinonia per decidere insieme le indicazioni da dare ai bambini. Dopo poche ore è stato dato l’annuncio di un primo caso, a Ongata Rongai, la cittadina alle periferia di Nairobi dove abbiamo Tone la Maji e Malbes. E’ una donna rientrata pochi giorni fa dagli Stati Uniti.

Solo settimana scorsa, mentre io ero in Zambia, un’amica romana che segue un progetto vicino a Tone la Maji, mi scriveva commossa per le preghiere che i nostri bambini facevano per gli ammalati italiani. 

Nel tardo pomeriggio dopo la messa coi bambini di Kivuli ho illustrato ancora una volta come devono comportarsi. Trovo difficile spiegare il “social distancing”. Mentre parlo penso che sarà dura cambiare lo stile di vita a Kivuli che è il centro più importante di attività giovanili del nostro grande quartiere. Oltre ai bambini residenti ci sono le attività più svariate, dalla radio comunitaria ai gruppi giovanili, dalla scuola di computer agli intagliatori di legno, e il dispensario, lo studio di registrazione, la squadra di pallacanestro, gli uffici di un paio di grosse ONG. Restare a casa? Quale casa? Sembra impossibile poter sigillare Kivuli, ormai sono oltre mille le persone che ogni giorno vi svolgono le attività più diverse.
Forse potremmo riuscirci. Ma se dovessero chiudere le scuole? Dove andranno tutti i bambini del quartiere?

Quando riaccendo il cellulare cominciano ad arrivare i messaggi: chiuso il campionato di calcio (e i nostri di Shalom Yassets sono in testa alla clasisfica nel loro girone!), cancellati tutti i raduni pubblici, chiusa la borsa locale, i supermercati assaltati e il sapone liquido sparito dagli scaffali… e perfino l’ordinanza che tutti i matatu vengano disinfettati almeno una volta al giorno.
Esco a far due passi. Apparentemente tutto è normale. In centro metri sul nostro lato della Kabiria Road, nelle strutture in muratura (più o meno) a 3 o 4 metri dal bordo della strada conto 32 esercizi (falegnami, barbieri, macellai, riparazioni di telefonini, rivendite di abiti usati, una rivendita di medicinali (difficile chiamarla farmacia) e due chiese, Poi c’è la linea di bancarelle che toccano il bordo della strada, spesso interferiscono con il traffico: rivenditori di frutta e verdure, pesce secco, schede telefoniche, secchi di plastica, bulloni e viti usate, un ragazzo che espone 5 paia di scarpe usate – o rubate? Dall’altro lato della strada è la stessa storia.
Restare a casa? Dov’è la casa? Forse una stanza dove le sera si mettono coperte per terra perché ci siano abbastanza spazio per stare tutti sdraiati. Servizi in comune. Acqua alla fontana. Se chiuderanno le scuole dove andranno i bambini? Inoltre per la maggioranza di questi piccoli commercianti se il mattino non ci si alza presto e non si avvia il proprio negozietto, la sera non ci sarà niente da mettere in tavola, a fine mese non ci saranno i soldi per pagare l’affitto. Vedo Peter, l’ometto che ogni mattina accende un braciere a pochi passi dal cancello di Kivuli e arrostisce pannocchie di mais per i passanti. Gli va bene se guadagna 50 o 60 scellini al giorno, mezzo euro. “Se non potrai restare in strada, come farai?” Scuote la testa e ride. Non vuol pensarci.
Scrivo che sono la quattro del mattino. Sui social circolano voci incontrollate che i casi accertati siano già più di 10. Chi, in caso di gravi complicazioni, avrà accesso a cure mediche dignitose? Non dico a terapie intensive. Mi consolo pensando che Koinonia è fatta di giovani, che non sono quasi mai vittime del coronavirus.

 

Padre Kizito, Nairobi – 16 Marzo 2020

 

Ieri pomeriggio il presidente Uhuru Kenyatta ha annunciato che sono stati trovati altri due casi di Coronavirus e di conseguenza, in aggiunta ai provvedimenti presi lo scorso venerdì, oggi, lunedi 16 marzo, saranno chiuse tutte le scuole primarie e secondarie, mercoledì chiuderanno i collegi (boarding schools), venerdì le università e istituti superiori.  Per i prossimi 30 giorni confini saranno sigillati e solo i cittadini keniani (o gli stranieri provvisti di permesso di lavoro) potranno entrare in Kenya.

Le imprese vengono invitate a far lavorare i loro dipendenti da casa. Si invita anche a non usare contanti, ma carte di credito e Mpesa (transazioni col cellulare), e a minimizzare assembramenti, servizi religiosi, funerali, matrimoni, e a non fare spostamenti inutili per evitare i contatti sui mezzi di trasporto. I centri commerciali devono mettere a disposizione dei clienti acqua e sapone o disinfettanti, e disinfettare regolarmente i locali.

Per il momento alcune disposizioni sembrano più degli inviti o esortazioni che obblighi. Non c’è un esplicito invito a restare a casa.
Insomma siamo anche noi entrati nel tempo del coronavirus, e, visto il ruolo un po di guida che il Kenya ha in questa area del mondo, c’è da aspettarsi che nel giro di 24 ore annunci simili verranno dai paesi vicini, Zambia inclusa.

A Koinonia stamattina avremo un incontro per vedere come proteggere i nostri ragazzi e prevedere come agire quando la situazione precipiterà, come inevitabile, Per esempio, dove andranno gli studenti che sponsorizziamo nelle scuole superiori, inclusa la nostra Domus Mariae, quando le scuole chiuderanno? La quasi totalità di loro proviene da Kibera e Kawangware, quartieri con situazioni igenico-sanitarie disastrose. Normalmente vanno a “casa” per le vacanze, perchè non ci sono alternative, ma quando i contagi aumenteranno sarà come mandarli al macello.

Non capiamo bene dove si situano le nostre case nelle disposizioni governative, non sono ne scuole ne istituti. Come faremo ad isolare i bambini di Anita’s Home, Kivuli, Tone la Maji, quando inevitabilmente verrà richiesto di farlo? E i 22 bambini che la polizia c ha portato solo due settimane fa, che sono attualmente a Ndugu Mdogo perché non hanno alcun contatto con le famiglie di origine? Tante domande difficili.

Cercheremo, come sempre, che siano i ragazzi stessi ad indicarci la direzione, facendoci conoscere i loro problemi e cercando insieme le soluzioni individuali migliori per tutti.

Ieri, prima dell’annuncio, ho visto i ragazzi della Domus Mariae per la messa e poi quelli di Tone la Maji. A loro sembrava ancora tutto normale, si sono preoccupati quando ho prospettato la chiusura delle scuole che poi è stata annunciata. I più piccoli, come Mwangi che è la mascotte di Tone la Maji (e, secondo lui, futuro campione di calcio), non capivano e mi si stringevano intorno confusi e spauriti, mentre io cercavo di dire “ma è proprio questo che ho appena detto di non fare, non ammassatevi tutti insieme!”.

Temo che nonostante le buona volontà del governo keniano di tenere i contagi sotto controllo, di fatto a Nairobi ci avviamo verso una soluzione tipo quella auspicata da Boris Johnson in Gran Bretagna: la cinica accettazione di aspettare che si attivi l’immunità di gregge.

Rientrato a Kivuli ho visto l’immagine del papa a Roma che va a pregare nella chiesa di San Marcello al Corso. Quella foto, quell’atteggiamento del papa ci dice che la preghiera non è un amuleto o un juju contro il male, ma una strada di vita, di condivisione, di servizio. Come le preghiere che hanno espresso i ragazzi di Tone la Maji alla fine del nostro incontro.

Nel Vangelo di ieri abbiamo sentito Gesù dire alla Samaritana: “Ma viene un’ora, ed è adesso, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità”. Non nelle chiese, nelle liturgie, nei codici di diritto canonico, nelle sofisticate interpretazioni, ma in Spirito e verità. Non sono un esegeta, ma a me pare di capire che la verità dello Spirito di Dio sia una sola: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.

Nota Bene. Ringrazio tutti coloro che hanno reagito al mio post dell’altro ieri con parole di amicizia, incoraggiamento e condivisione. Siamo tutti sulla stessa barca. Anche se alcuni hanno i remi, e altri no.