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“Fratelli tutti”: la terza enciclica di Papa Francesco

Papa Francesco ha presentato la sua terza enciclica lo scorso 3 ottobre 2020 ad Assisi, davanti la tomba di San Francesco. L’enciclica è sulla fraternità e l’amicizia sociale. Il titolo è Fratelli tutti  è stato ispirato dal Santo di Assisi scrive infatti Papa Francesco all’inizio dell’enciclica:

1. «Fratelli tutti»,[1] scriveva San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo. Tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro «quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui».[2] Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita.

2. Questo Santo dell’amore fraterno, della semplicità e della gioia, che mi ha ispirato a scrivere l’Enciclica Laudato si’, nuovamente mi motiva a dedicare questa nuova Enciclica alla fraternità e all’amicizia sociale. Infatti San Francesco, che si sentiva fratello del sole, del mare e del vento, sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne. Dappertutto seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi.

Al link trovate il documento intero ⇒ Fratelli tutti     (qui in pdf)

 

Qui di seguito alcuni link per approfondire dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale:

L’enciclica Fratelli tutti 

Fratelli tutti infografiche

 

02/2021: “Per le donne vittime di violenza” – Il Video del Papa

Donne. Sofferenza. Violenza. Troppo spesso vediamo nei notiziari queste tre parole insieme. Come se non bastasse, la pandemia ha provocato un aumento dei maltrattamenti. Come riparare a questo danno? Puoi iniziare rispondendo alla richiesta rivolta dalle donne che subiscono qualche tipo di violenza: AIUTO. Come dice Papa Francesco, “se vogliamo un mondo migliore, che sia casa di pace e non cortile di guerra, dobbiamo tutti fare molto di più per la dignità di ogni donna”. Entra in azione condividendo Il Video del Papa su tutte le tue reti sociali! Fai in modo che il messaggio di denuncia del Santo Padre arrivi a molte persone!

 

“Oggi continuano a esserci donne che subiscono violenza. Violenza psicologica, violenza verbale, violenza fisica, violenza sessuale.

È impressionante il numero di donne colpite, offese, violate.

Le varie forme di maltrattamento che subiscono molte donne sono una vigliaccheria e un degrado per tutta l’umanità. Per gli uomini e per tutta l’umanità.

Le testimonianze delle vittime che hanno il coraggio di rompere il silenzio sono un grido di richiesta di aiuto che non possiamo ignorare.

Non possiamo guardare dall’altra parte.

Preghiamo per le donne vittime di violenza, perché vengano protette dalla società e perché le loro sofferenze siano prese in considerazione e ascoltate da tutti.”

Il Video del Papa diffonde ogni mese le intenzioni di preghiera del Santo Padre per le sfide dell’umanità e della missione della Chiesa.

01/2021: Al servizio della fraternità – Il Video del Papa

In questo anno nuovo che inizia, il Santo Padre ci propone una nuova sfida: essere fratelli e sorelle.

“Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!”

“Pregando Dio seguendo Gesù ci uniamo come fratelli a chi prega seguendo altre culture, altre tradizioni e altre credenze. Siamo fratelli che pregano.

La fratellanza ci porta ad aprirci al Padre di tutti e a vedere nell’altro un fratello, una sorella, con cui condividere la vita o sostenersi a vicenda, per amare, per conoscere.

La Chiesa valorizza l’azione di Dio nelle altre religioni, senza dimenticare che per noi cristiani la fonte della dignità umana e della fraternità è nel Vangelo di Gesù Cristo.

Noi credenti dobbiamo tornare alle nostre fonti e concentrarci su ciò che è essenziale. L’essenziale della nostra fede è l’adorazione nei confronti di Dio e l’amore per il prossimo.

Preghiamo perché il Signore ci dia la grazia di vivere in piena fratellanza con i fratelli e le sorelle di altre religioni, senza litigare, pregando gli uni per gli altri, aperti a tutti”.

Il Video del Papa diffonde ogni mese le intenzioni di preghiera del Santo Padre per le sfide dell’umanità e della missione della Chiesa.

Padre Kizito, Nairobi 11 agosto 2020

Sono da più di una settimana nella Koinonia di Lusaka (Zambia). Ci sono arrivato fisicamente molto stanco e dovendo osservare le due settimane in isolamento ho rallentato i ritmi, prendendomi molto tempo per leggere, anche online. Sono rimasto colpito constatando quanti amici laici cattolici – italiani soprattutto – manifestino opinioni livorose su fatti di chiesa e interventi di preti e vescovi. Li capisco molto bene. Ma mi sembra anche che siano impegnati in un esercizio sterile.

Lusaka mi ha fatto ricordare alcuni momenti degli inizi di Koinonia, lezioni che mi hanno segnato a vita, insegandomi ad essere sempre attento a valorizzare l’impegno dei laici..

Verso la fine del 1981 ero a Lusaka, avevo 38 anni, e mi pareva giunto il momento di consolidare l’esperienza comunitaria che avevo iniziato con sette o otto ragazzi ventenni che ospitavo nella piccolissima casa costruita dal missionario precedente nella parrocchia di Bauleni, la baraccopoli “al di là del cimitero”. Era considerato il posto degli esclusi, come lo è ancora oggi, ed oggi vi è presente un laico italiano, Diego Mwanza Cassinelli, seriamente impegnato in un lavoro di promozione umana integrale. Nel 1981 i ragazzi si domandarono: “Dove andremo in futuro? Non possiamo stare per sempre nella casa del prete”. La diocesi possedeva a Bauleni ben 100 acri di terra e il vescovo era Emmanuel Milingo, che sarebbe diventato famoso dopo pochi anni per le sue attività di guaritore, e non solo. Andai dal vicario generale della diocesi, che era un missionario irlandese più giovane di me, gli spiegai che volevo trovare una sede per quella nascente iniziativa e gli chiesi come secondo lui avrebbe reagito Milingo se gli avessi chiesto di sistemare i ragazzi su in pezzetto di quella terra. Padre Taylor mi rispose che certamente Milingo mi avrebbe dato il permesso, perché mi stimava molto, ma aggiunse “Però secondo me è meglio se vi cercate un vostro pezzo di terra e ve lo intestate come gruppo. Sai com’è, anche i vescovi cambiano parere, o magari ne arriva un altro con idee diverse. Se fra qualche anno ci sarà un vescovo con altre idee e altri progetti per quella terra e vi vorrà sloggiare vi trovereste nei pasticci”. Cercammo. Dopo meno di un anno avevamo ricevuto in dono da una signora i cento acri che sono ancora oggi la sede di Koinonia. La famiglia Goodfellow aveva lasciato il Sudafrica in protesta contro l’incarceramento di Mandela. Il marito allevava cobra e serpenti vari per estrarne e commercializzarne il veleno ed era morto alcuni mesi prima. Due figli erano diventati preti anglicani.

Altri 4 anni, e due dei ragazzi si erano sposati. La piccola comunità di laici – insegnanti, contadini, falegnami – si stava ulteriormente consolidando ed io, ancora sotto gli effetti della mentalità clericale che avevano disperatamente cercato di inculcarmi durante la formazione, mi posi il problema di far in qualche modo registrare l’iniziativa nella chiesa locale. Volevamo una “carta” dal vescovo. Milingo e il suo profetico vicario generale erano stati trasferiti, allora andai a chiedere un parere ad un gesuita, anche lui irlandese, che era incaricato dell’ufficio laici nel segretariato della conferenza episcopale zambiana. Padre Cremins mi ascoltò attentamente e alla fine disse più o meno: “Ma chi ti ha detto che per fare qualcosa di buono bisogna farlo registrare da un vescovo secondo qualche canone del diritto canonico? Certo per operare avete bisogno di una personalità giuridica. Registratevi come fondazione qui in Zambia e andate avanti così, e che Dio vi benedica”. E così fu. Koinonia fu registrata in Zambia come Charitable Trust o Fondazione.

Da allora non mi posi più il problema della registrazione di Koinonia, e quando re-iniziai in Kenya ci facemmo semplicemente registrare come Charitable Trust secondo le leggi del paese. In Sudan e Sud Sudan gli stravolgimenti provocati dalla divisione del paese e dai successivi eventi sanguinosi hanno fatto fallire – finora – i nostri tentativi di registrazione.

I problemi sia in Zambia che in Kenya non sono mancati, nati da nostre incapacità e anche da interferenze esterne, ma sono stati risolti nei termini delle leggi dello stato che valgono per tutti i comuni mortali. Il diritto canonico invece ha procedure non trasparenti, nelle quali la stessa autorità ha anche funzione di investigatore, di pubblico ministero e di giudice. E’ un segno del ritardo che la chiesa ha rispetto al mondo, anche se Papa Francesco sta lentamente ma testardamente muovendosi per accorciarlo. Diciamo che il diritto canonico è fondato sul presupposto che tutti coloro che sono nella linea di autorità siano capaci di gestire la comunità e i conflitti con sapienza e amore. Però se in quella linea c’è chi non ha ne sapienza ne amore allora il diritto canonico può diventare uno strumento che soffoca creatività e libertà.

Ho imparato che non bisogna lasciarsi soffocare. Ho imparato che i laici cristiani hanno molti più spazi di quanto credano, anche all’interno della chiesa. Bisogna averi il coraggio di osare il nuovo e rischiare il fallimento. D’accordo, il contesto in cui Koinonia si è mossa è molto diverso dal contesto italiano. Abbiamo trovato difficoltà diverse e maggiori opportunità. Ma in Italia i laici sono più preparati professionalmente, hanno una adulta consapevolezza dei loro diritti, sanno distinguere meglio i sermoni intelligenti dagli sproloqui. Perché perdere tempo ed amareggiarsi la vita in brontolamenti, lagnanze e sarcasmi sulle inadeguatezze del clero?

Oggi è stata, comunque, una giornata in pieno stile clericale. Al mattino abbiamo posizionato la lastra di marmo sulla base di mattoni cotti dell’altare all’aperto, sotto la cappellina della “Nostra Signora di Koinonia”. Trasformando un angolo che avevamo trascurato per tanti anni in un luogo di quieta preghiera. Vi abbiamo celebrato messa al tramonto, terminandola nel buio e nel silenzio più profondo, quando i canti degli uccelli si erano quetati, e si sentivano solo i rumori degli insetti notturni.

08/2020: “Il Mondo del mare” – Video del Papa

 

Il mondo del mare

La nostra società dipende, probabilmente più di quanto molti di noi immaginano, dal duro lavoro dei marittimi e delle loro famiglie, che devono affrontare non solo i pericoli della natura – tempeste, uragani… -, ma anche minacce come la pirateria. Papa Francesco riassume molto chiaramente l’importanza dell’operato di marittimi e pescatori: “Senza i marittimi, l’economia globale si fermerebbe”

“La vita del marinaio, del pescatore e delle loro famiglie è molto dura.

A volte è caratterizzata dal lavoro forzato o dall’essere abbandonati in porti
lontani.

La concorrenza della pesca industriale e l’inquinamento rendono poi il lavoro ancor più complicato.

Senza i marittimi, in molte zone del mondo si soffrirebbe la fame.

Preghiamo per tutte le persone che lavorano e vivono del mare, compresi
marinai, pescatori e le loro famiglie”.

Il Video del Papa diffonde ogni mese le intenzioni di preghiera del Santo Padre per le sfide dell’umanità e della missione della Chiesa.

 

Padre Kizito, Nairobi 31 luglio 2020

Il Dio delle piccole cose

Oggi i musulmani celebrano l’Id al-Adha, la festa del sacrificio, in memoria di Abramo che sacrificò un montone invece del figlio Isacco dopo essere stato fermato dall’angelo. Una storia molto difficile da capire per noi, ma letta dalla tradizione cristiana prima e musulmana poi come esemplare per l’abbandono alla volontà di Dio.

A Nairobi, dove i musulmani sono una minoranza numerica, la celebrazione non ha un grande impatto, ma sulla costa è molto sentita. Ken Nyangweso nostro operatore sociale nel progetto che Koinonia sta avviando a Kilifi e calciatore professionista (ma in Kenya è più rimunerativo lavorare con Koinonia che fare il calciatore…) mi ha mandato un foto accompagnata da parole commosse perchè stamattina alcuni dei i ragazzini musulmani delle squadra di calcio che ha creato si sono presentati alla porta delle nostra casa con un piccolo dono. Ken li ha accolti con il suo immancabile rosario al collo..

Il nostro è il Dio del lievito, del sale e del seme di senape. Di piccole cose che fanno lievitare, che crescono, che danno sapore. Beato chi sa vederle. Beato chi sa leggere l’azione di Dio e capire le lezioni che ci vengono dai piccoli. Loro vedono il futuro. Se questo non è il Regno di Dio annunciato come presente dal falegname di Nazareth, dove altro lo possiamo trovare?

Padre Kizito, Nairobi 26 luglio 2020

Nell’ultima settimana c’è stata un’impennata dei casi accertati di Covid-19, che hanno raggiunto i 16,643, e anche dei morti, arrivati ad un totale di 278. Ci sono anche 7,574 guariti. Dall’inizio della pandemia sono anche aumentati i posti letto attrezzati con ventilatori, comunque largamente insufficienti se la situazione dovesse evolversi secondo le previsioni più negative.

La risposta è una crescita in solidarietà. Ieri l’Hindu Council of Kenya, che raggruppa tutte le associazioni della comunità di origine indiana e di religione Indù (molti indiani sono musulmani, e c’è anche un piccolo numero di cattolici) ha organizzato una distribusione di cibo e anche Koinonia è stata invitata: Nella foto Jack Matika, debitamente mascherato, che ringrazia a nome di Koinonia.

Queste sono occasioni di concreto ecumenismo di base che sono più eloquenti delle grandi dichiarazioni. Le grandi dichiarazioni servono e indicano una direzione, tant’è che chi presiedeva la semplice cerimonia ha riecheggiato le parole di Papa Francesco e al termine, salutandoci, mi ha detto di voler continuare ad aiutare Koinonia e di visiate le nostre case. Le dichiarazioni devono essere vissute nella vita reale, altrimenti restano solo parole.

Koinonia in questi mesi ha accettato donazioni da cristiani di ogni confessione, da musulmani, da indù, da credenti nella religione tradizionale africana, e, immagino, anche da agnostici e atei. Non sono sicuro perché al primo incontro non domandiamo la fede di appartenenza ne a chi ha necessità ne a chi si presenta per donare magari un semplice pacchetto di farina per polenta. Noi sappiamo che i nostri giovani ospiti sono di tante fedi diverse, ma la fame è uguale per tutti. Cosi come il dolore fisico e morale, la sofferenza per l’abbandono e l’emarginazione sono uguali per tutti. Il cibo condiviso non ha religione, è il più semplice e forte segno di fraternità.

Ieri, guadandomi in giro nel grande prato fuori dalla sede dell’Hindu Council, constatavo di essere non solo il più vecchio, ma anche il solo non-indiano e non-keniano. Certamente l’unico prete. Eppure a me pare la presenza in momenti come questi sia un modo per essere missionari.

 

L'immagine può contenere: una o più persone, tabella e spazio all'aperto, il seguente testo "HINDU COUNCIL OF KENYA HINDU COUNCIL OF KENYA COVID ef And Welfa vites 居週"

Padre Kizito, Nairobi 16 luglio 2020

L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi, occhiali e barba

OLIVER HA VINTO. Ha vinto le allucinazioni che la sera non gli lasciavano prender sonno, ha vinto i fantasmi della strada che tornavano a visitarlo in piena notte, ha vinto i ricordi dell’infanzia che volevano impedirgli di perdonare. Ha vinto perché ha ammesso di aver perso e adesso vuole ricominciare da capo. Forte, determinato. Coi piedi piantati bene a terra. E che piedi! Numero di scarpe non in commercio.

Oliver, 23 anni mi ha dato il permesso di pubblicare la sua foto e un po della sua storia. Era nel gruppo di giovani adulti sgomberati dal centro città su ordine del Presidente, perché considerati un pericolo per l’igiene e la sicurezza e arrivati a Koinonia a fine marzo. Come gli altri, appena arrivato si era buttato sul prato, per stanchezza, ma anche perché, come mi ha confidato, avrebbe voluto sparire negli stracci che aveva addosso, Un mucchio di stracci insieme ad altri stracci. Ma già il giorno dopo aveva capito che a Koinonia c’era una forza che non gli era mai capitato di incontrare. Più forte della sua forza fisica. Ha discusso, ha battagliato con gli altri e ancor di più con se stesso. All’inizio di settimana scorsa, risoluto, mi aveva detto di voler tornare in strada. Ho rispettato la sua decisione spiegandogli che è la sua vita, la deve vivere lui, ma che se avesse deciso di fidarsi ancora di noi ci avrebbe trovati sempre dalla sua parte, Harrison, Besh, io e tutta Koinonia. E’ andato. Poi sabato mi ha chiamato “Padre, volevo mettermi alla prova. Adesso ho deciso di tornare al villaggio” Il villaggio di Olive è vicino al lago Vittoria, il più grande specchio di acqua dolce in Africa e il secondo al mondo. Gli sono rimasti solo una nonna e un cugino, più un pezzo di terra da coltivare. Cosi lunedì mattina è partito, accompagnato da Besh. .

Oliver è il primo del suo gruppo che ha fatto la conversione dalla strada alla famiglia di origine e alla terra. A Dio. Con lui hanno camminato i suoi amici di strada e i ragazzi di Koinonia. Cambiare è in cammino che si fa insieme. Ci sono momenti personali, esclusivi, dove si fa corpo a corpo con Dio, come Giacobbe, tuttavia la più parte del camminare la si fa insieme agli altri. Ci sono momenti di illuminazione, in cui la coscienza coglie una verità, ancora vaga, impalpabile.. Ma poi quella verità deve essere messa alla prova del confronto con gli altri.

Lo sperimentiamo nei momenti serali del dopo cena quanto con tanta allegria, intorno al tavolo, si ricordano episodi della giornata e si parla di giustizia e di solidarietà. Dell’importanza che giustizia, solidarietà e perdono siano sempre insieme. Ieri sera mentre Harrison condivideva una sua esperienza di come sia importante avere un atteggiamento di rispetto per tutti, anche i più piccoli, e ho visto un paio di occhi illuminarsi, mi son ricordato di fratel Valentino Fabris. Era un fratello laico comboniano vecchio stile che non aveva studiato niente ma che negli oltre sessant’anni passati in Africa, fra la gente dei villaggi, aveva distillato una sapienza del cuore che incantava chiunque lo ascoltasse. Rientrato a Verona dalla missione ultranovantenne, nel 2013, immancabilmente concludeva i vivacissimi e colorati racconti delle sue avventure missionarie con “Vedi padre – Valentino parlava sempre ad una persona, anche se erano tanti ad ascoltarlo – se io sono qui – e indicava con la mano una certa altezza – e tu sei qui – e indicava più in basso – è inutile che io cerchi di insegnarti il Vangelo. Non mi crederai mai. Dobbiamo essere così – e metteva le mani allo stesso livello – allora sì che insieme capiremo il Vangelo”.

Così lunedì mattina mentre io partivo in auto verso Kilifi, dove Dimba e Ken stanno avviando un progetto in una piccola comunità di pescatori – esperienza nuovissima per Koinonia che avrò modo di raccontare in altri momenti – Oliver e Besh sono partiti per Kisumu. In una foto li vedete insieme: Oliver, l’ex “bambino di strada” che torna a casa, è quello alto, mentre Besh è quello piccolo. Besh è con noi dal 2005 e adesso è un assistente sociale diplomato che sa mettersi al livello degli altri. Anche se in questo caso fisicamente non lo potrebbe fare neanche alzandosi sulla punta dei piedi.

Padre Kizito, Nairobi 10 luglio 2020

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“Il gioco rischioso di Uhuru” (Uhuru’s risky gamble) titolava il giornale più importante del Kenya lo scorso martedì, riportando la decisione annunciata dal presidente Uhuru Kenyatta in conferenza stampa la sera precedente di riaprire confini interni ed esterni, pur mantenendo il coprifuoco dalle 21 alle 4. Dallo stesso giorno ci si può muovere liberamente su tutto il territorio del Kenya, dal 15 luglio riprenderanno i voli interni, e dal primo agosto i voli internazionali. Doccia fredda il pomeriggio del martedì, quando il ministro dell’educazione ha annunciato che se la situazione non peggiora le università e gli istituti di istruzione superiore (come il nostro Diakonia Institute) possono riaprire a settembre, ma le scuole primarie e secondarie (come la nostra Domus Mariae) rimarranno chiuse certamente fino a fine dicembre. Potranno riaprire a gennaio, che è la solita data di apertura dell’anno scolastico. Gli studenti dovranno re-iscriversi nella stessa classe in cui erano a gennaio 2019. Un anno completamente perso per tutti gli studenti del Kenya. Col rischio che molti studenti di famiglie povere in questi lunghisismi mesi si perdano.

La decisione del governo sembra cercare un equilibrio fra i catastrofisti che persistono a prevedere centinaia o migliaia di morti per le strade in agosto e settembre, e chi vuole far ripartire l’agonizzante economia. Di fatto le statistiche di oggi ci dicono che ci sono stati dall’inizio di marzo 8,973 casi di Covid-19 confermati, 2,657 guariti e 173 morti. Il numero dei morti è ancora inferiore a quello degli annegati durante le alluvioni di febbraio-marzo. Cresce invece il numero di persone, moltissimi giovani, che prima dell’epidemia avevano magari un lavoro decente, e adesso sono letteralmente alla fame. A Koinonia, in particolare a me, pervengono quotidianamente richieste di persone che chiedono solo farina per la polenta. Anche maestre di scuole elementari, gestori di bancarelle, laureati in informatica.

I nostri bambini e ragazzi sono tutto sommato fra i fortunati. Le bambine della Casa di Anita nel periodo di isolamento sono diventate un specie di felice repubblica indipendente, i ragazzi di Tone la Maji studiano al mattino e giocano a calcio il pomeriggio, i grandi che sono a Kerarapon seguono i vari corsi che abbiamo organizzato per loro, catering, saldatori, falegnami. Ristabiliscono i legami con la famiglia attraverso il telefono che abbiamo messo a disposizione. Ieri R***, diciassettenne e magro come un “omena”, i pesciolini essiccati che si mangiano con la polenta, mi tira in disparte e mi mostra uno spiegazzato biglietto da cento scellini (un po meno di un euro) e, usando tutti i trucchetti per intenerire che ha imparato in strada, mi dice “guarda cosa sono riuscito a conservare dalle elemosine che raccoglievo in strada, Vorrei mandarlo a mia mamma con Mpesa (il sistema telefonico per trasferimento di denaro). L’ho chiamata e mi ha detto che ha fame, ma se tu me lo raddoppi sarà più contenta…”.

Per alcuni maggiorenni abbiamo fatto un contratto con una scuola guida perché possano avere la patente auto. Solo due o tre sembrano non fare progressi, ed uno ha dato segnali di squilibrio mentale, costringendoci a ricoverarlo in un un ospedale psichiatrico, da dove è tornato ieri in condizioni che sembrano stabili. Per molti di loro il problema di base è l’autostima. Non hanno la percezione di essere vittime. Piuttosto si sentono colpevoli. Colpevoli di essere scappati da una casa dove magari erano abusati, colpevoli per non essere mai andati a scuola, colpevoli per aver fatto piccoli furti per mangiare. Hanno interiorizzato il disprezzo che “la società” ha per loro. E’ una vecchia storia. Scriveva Frantz Fanon un secolo fa che la cultura dominante (nel suo caso in Francia) fa si che i dominati interiorizzino il disprezzo che il dominatore ha per loro. Il caso di questi ragazzi è lo stesso, si sentono inadeguati ad essere parte di una società che per anni li ha scartati e dimenticati. Bisogna camminare al loro fianco perché possano riscoprire la loro dignità e il loro valore.

07/2020: Le nostre famiglie – Il Video del Papa

Il nostro ritmo di vita spesso frenetico gioca contro la vita familiare, e qui emerge un problema molto importante, perché nessuno, né noi come individui né la società, può prescindere dalle famiglie, men che meno in questo periodo di crisi che stiamo vivendo. Come dice Papa Francesco “le famiglie non sono un problema, sono prima di tutto un’opportunità”.

“La famiglia ha bisogno di essere protetta. Tanti sono i pericoli che affronta: il ritmo della vita, lo stress…

A volte i genitori dimenticano di giocare con i propri figli.

La Chiesa deve incoraggiare le famiglie e stare loro accanto, aiutandole a scoprire vie che permettano loro di superare tutte queste difficoltà.

Preghiamo affinché le famiglie di oggi siano accompagnate con amore, rispetto e consiglio, e in particolare vengano protette dagli Stati”.

 

Il Video del Papa diffonde ogni mese le intenzioni di preghiera del Santo Padre per le sfide dell’umanità e della missione della Chiesa.